Purgatorio – Canto II

L’aurora sorge sull’orizzonte del purgatorio mentre i due pellegrini sostano, pensosi ed incerti del cammino, lungo la riva del mare. All’improvviso appare lontano, sulle acque, una luce rosseggiante che si avvicina velocemente alla spiaggia: Virgilio riconosce l’angelo nocchiero del purgatorio ed esorta il discepolo ad inginocchiarsi in segno di omaggio.
L’uccel divino giunge su una veloce navicella che trasporta più di cento anime, le quali, ad una voce, cantano il salmo «In.exitu Israel de Aegypto». Dopo averle benedette con il segno di croce, l’angelo riparte lasciando sulla spiaggia le anime, le quali chiedono consiglio a Dante e Virgilio sul cammino da intraprendere. Allorchè si accorgono che Dante è vivo, grande è la loro meraviglia, finché una di esse, che aveva tentato di abbracciare il Poeta, viene da questo riconosciuta: è l’anima di Casella, un musico e cantore amico di Dante. Dopo avere spiegato che le anime destinate al purgatorio si raccolgono alle foci del Tevere in attesa dell’angelo nocchiero, su preghiera dell’amico, che ricorda quanto fosse per lui rasserenante il suo canto, Casella intona una canzone del Convivio. Tutti ascoltano intenti, ma Catone li scuote, rimproverando questo indugio nell’espiazione dei loro peccati. Le anime e di due pellegrini si dirigono correndo verso il monte come colombi spaventati da un rumore improvviso.

1 – Già era ‘l sole all’orizzonte giunto
lo cui meridiana cerchio coverchia
Ierusalèm col suo più alto punto;
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4 – e la notte, che apposita a lui cerchia,    
uscià di Gange fuor con le Bilance,
Che le cagion di man quando soverchia;
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7 – Si che le bianche e le vermiglie guance,
là dov’ i’ era della bella Aurora
per troppa state diveniva rance.

10 – Noi eravamo lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino
che va col cuore e col corpo dimora.

 

      

“Libro del Lapidario” – Min. franco-gotica sec. XIII
El Escurial, Biblioteca del Monastero di San Lorenzo

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13 – Ed ecco qual, sul presso del mattino,
per li grossi vapor Marte rosseggia
giù nel ponente sovra ‘l suol marino.
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16 – cotale m’apparve, s’io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir si ratto,
che ‘l mover suo nessun volar pareggia.
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19 – Da qual com’io un poco ebbi ritratto,
l’occhio per domandar lo duca mio,
rividil più lucente e maggior fatto.
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22 – Poi d’ogni lato ad esso m’appario,
un non saper che bianco, e di sotto
a poco a poco un altro a lui uscìo.
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25 – Lo mio maestro ancor non fece motto,
mentre che i primi bianchi apparire ali:
allor che ben conobbe il galeotto.

 


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28 – gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali:
ecco l’angelo di Dio: piega le mani:
0mai vedrai di si fatti officiali.
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31 – Vedi che sdegna li argomenti umani,
si che remo non vuol, né altro velo
che l’ali sue tra liti si lontani.
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34 – Vedi come l’ha dritte verso il cielo,
trattando l’aere con l’eterno penne,
che non si mutan come morta velo».
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37 – Poi, come più e più verso noi venne
l’uccel divino, più chiaro appariva;
per che l’occhio da presso non sostenne.
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40 – ma chinail giuro; e quei sen venne a riva,
con un casello snellito e leggiero,
tanto che l’acqua nulla ne ‘nghiottiva.
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43 – Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che parea beato per iscripto;
e più di cento spirti entro sediero.
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46 – «In exit Israel de Aegypto»,
cantavano tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo è poscia scripto.
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49 – Poi fece il segno lor di santa croce;
ond’ei si gittar tutti in su la piaggia:
ed el sen gì, come venne veloce.

 


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52 – La turba che rimase lì, selvaggia
parea del loco, rimirando intorno;
come colui che nove cose assaggia.
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55 – Da tutte parti saettava il giorno
lo sol, ch’aveva con le saette conte
di mezzo il ciel cacciato Capricorno,
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58 – Quando la nova gente alzo la fronte
ver noi, dicendo a noi: «Se voi sapete,
mostratene la via di gire al monte».

61 – E Virgilio rispose: «Voi credete
forse che siamo esperti desto loco;
ma noi siam peregrin come voi siete.
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64 – Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via che fu sì aspra e forte,
che lo salire omai ne parrà gioco».

 


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67 – L’anime che si fuor di me accorte,
per lo spirar, chi’ era ancor vivo,
meravigliando diventaro smorte.

70 – E come a messagger che porta ulivo,
tragge la gente per udir novelle,;
e di calcar nessun si mostra schivo,
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73 – così al viso mio s’affisar quelle
anime fortunate tutte quante,
quasi obliando d’ire a farsi belle.

76 – Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi, con sì grande affetto,
che mosse me a fare il simigliante.

79 – Oi ombre vane, fuor che nell’aspetto!
Tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto.

82 – Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l’ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
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85 – Soavemente disse ch’io posasse:
alloro conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s’arrestasse.

88 – Rispuosemi: «Così com’io t’amai
nel mortal corpo, così t’amo sciolta:
però m’arresto; ma tu perché vai?»

91 – «Casella mio, per tornar altra volta
là dov’io son, fo io questo viaggio»
diss’io; «ma a te com’è tanta ora tolta?»
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94 – Ed elli a me:«Nessun m’è fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui li piace,
più volte m’ha negato esso passaggio;

97 – che di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto,
chi ha voluto entrar, con tutta pace.

100 – Ond’io, ch’era ora alla marina volto
dove l’acqua di Tevero s’insala,
benignamente fu’ da lui ricolto.
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103 – A quella foce ha elli or dritta l’ala,
però che sempre quivi si ricoglie
quale verso Acheronte non si cala».

 

106 – E io: «Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso all’amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie voglie,

109 – di ciò ti piaccia consolare alquanto
l’anima mia, che, con la mia persona
venendo qui, è affannata tanto!»

112- «Amor che ne la mente mi ragiona»
cominciò elli allora si dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.

115 – Lo mio maestro e io e quella gente
ch’eran con lui parean si contenti,
come a nessuno toccasse altro la mente.

118 – Noi eravam tutti fissi e attenti
alle sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?

121 – qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch’esser  non lascia a voi  Dio manifesto».

124 – Come quando, cogliendo biada o loglio,
li colombi adunati alla pastura,
queti, sanza mostrar l’usato orgoglio,

127 – se cosa appare ond’elli abbian paura,
subitamente lasciano star l’esca,
perch’assaliti son da maggior cura;

130 – così vid’io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e gire inver la costa,
com’uom che va, né sa dove riesca:

133 – nè la nostra partita fu men tosta.

 

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