Niente è per caso – Guya Trekking – Salemme Manfredi


GUYA TREKKING 2005/2008 – Introduzione: Ci sono persone che per tutta la vita fanno gli stessi lavoro, hanno gli stessi amici, percorrono le stesse strade, abitano la stessa casa…
Io no! Io sogno. Sogno spesso e quando posso realizzo i miei sogni in.
Una cosa va contro a questo concetto di voler cambiare sempre, l’attaccamento quasi morboso agli oggetti, a volte ad un capo di abbigliamento, una penna che scrive bene, un paio di comode scarpe, un posto dove sedermi… il mio posto a tavola per esempio; un oggetto che so che deve essere in quel posto.

In tutto questo mio modo di vivere la parte più visibile sono le mie passioni, io vivo queste mie scelte in maniera monotematica.
Per anni ho praticato windsurf ed ho amici che ancora lo praticano, io no, ho smesso.
Lo sci, il ballo, la bicicletta, il nuioito e tanti altri sport li ho praticati con serietà e spesso in maniera esagerata… ora è la volta del trekking.

Ma è anche la volta dello scrivere ciò che penso, come sono, come voglio farmi conoscere, la maniera è sempre la stessa… con esagerazione, ma non amplificando ciò che veramente faccio, ma raccontando tutto nei minimi particolari, quasi come se chi mi legge non sa quale emozione o quale sentimento io provo.

Dovrei parlare di me, di come sono intimamente, ma mi è difficile descrivermi, è molto più facile per chi mi legge scoprirlo attraverso questo racconto.

Tutto ha inizio una domenica, ai Casoni di Suvero, Alta Val di Vara, nel 2005, vedendo su un albero la sigla AV, Alta Via dei Monti Liguri.


MANFREDI SALEMME
nato a Portovenere il 10-07-1947
Testimonial ADMO
Racconti cronologici ed emozionali delle esperienze

 

Guya Trekking 2005 – Alta Via dei Monti Liguri

 Guya Trekking 2008 – Sentiero Italia

Guya Trekking 2009 – La Via Alpina  

 

in collaborazione con:
Facoltà di Scienze Motorie Università di Verona

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GUYA TREKKING 2005

L’Alta via dei Monti Liguri

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Martedì 24 maggio

Qualcosa mi ha svegliato, sono le 6,30, scendo in cucina, guardo fuori, bel tempo, asciutto, sono deciso: parto. Lisa mi accompagna alla stazione di Chiavari, faccio il biglietto di sola andata per Ventimiglia. Lo zaino era già pronto da qualche giorno: barrette energetiche, pillole di aminoacidi ramificati (mi ha spiegato Christian che non mi faranno venire l’acido lattico), borracce, torcia elettrica frontale, coltellino, tenda, macchina fotografica, telefonino, abbigliamento tecnico da perfetto escursionista, insomma, credo di aver pensato a tutto… ma soprattutto la determinazione di far tutta l’Alta Via dei Monti Liguri, 440 chilometri seguendo un segnavia attraverso la mia regione. Mentre aspetto il treno mi sento in uno stato di agitazione, di confusione, penso all’ICI, al 730, ai muratori che dovrebbero venire stamattina per togliere due grosse radici dal giardino, abbattere e ricostruire un muro, i pomodori da legare, lasciare Lisa da sola con tutti i problemi da risolvere… Zac, il mio boxer.
Arrivo a Savona, alle 12,28 riparto per Ventimiglia, in stazione ho comprato un quaderno per ascrivere durante il viaggio e la Settimana Enigmistica.
A ventimiglia mi dirigo subito verso il punto da dve inizia il percorso, è un tunnel sotto la ferrovia, in un bar faccio uno spuntino, carico le due borracce e alle 15,00 inizio.

Subito salita dura, alle spalle ho il mare, sento di lasciarlo, ma forse lontano riuscito a vederlo ogni tanto. Io sono nato a Portovenere, ho sempre vissuto al mare ed ho sempre vissuto il mare col rispetto che merita, mi sono sempre piaciute le traversate, da Rapallo a Chiavari il giorno che ho compiuto 50 anni, da Vulcano al porto di Lipari, ho partecipato a gare come master della Chiavari Nuoto e del Nuoto Club Sestri Levante, la competizione mi è sempre piaciuta, ma la montagna non la conosco… so solo che ho sempre fatto delle cose per me, per vedere i miei limiti e sono sempre riuscito a raggiungere l’obiettivo… ma qui è dura, il sudore mi sta inzuppando maglietta e pantaloni, aggiungo una bustina di sali in una borraccia e bevo.

Passo fra villette con gente che da acqua ai pomodori, mi salutano, uno mi dice: guten tag, mi crede teutonico, probabilmente lo sono di carattere, rispondo: “tag”.

Sono sopra un bel paesino, guardo la cartina… Dolceacqua… bellissimo da quassù; ore 18,20… La Colla! Prima tappa!

Mentre cammino conto 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, bastoncino sinistro in sincronia col piede destro, un grugnito spaventoso, sconosciuto, un cinghiale se ne va arrabbiatissimo e lo sento nelle vicinanze che continua a grugnire, allungo il passo, ho visto i cani del mio amico Mauro lacerati dai cinghiali… e se ha i piccoli.

Bevo, continuo a bere ogni tanto mi appoggio a qualcosa  per allentare la tensione dello zaino alle spalle. La tappa n. 2 è quasi tutta su rotabile militare, una salita interminabile, meno male che ogni tanto trovo dell’ombra. Alle 21,00 sono al bivio Monte Airole, un principio di crampo alla coscia destra mi fa capire che devo fermarmi.

Nonno la tendai uno slargo dove c’è un pò d’erba, mangio una barretta ai frutti di bosco, è densa e nutriente, la fame mi passa ma mi fa venir sete, bevo, mi è rimasta meno di mezza borraccia.

Alle 21,00 mi sdraio, faccio fatica a dormire, mi sento sconquassato, ho caldo ai piedi, vorrei lavarli… ma ho poca acqua, li tengo fuori dalla tenda, mi alzo, ricordo di aver visto in un film che lui camminava a piedi nudi sull’erba, lo faccio anch’io… va un pò meglio, guardo il cielo… quante stelle!

Cerco un satellite. Col mio amico Sergio, in Corsica lo avevamo visto… lo vedo, lo seguo per un po’ e poi penso: io quassù non solo solo, l’Universo attraverso le stelle mi vede, mi sente, mi protegge! Invece giù a Chiavari quando sono circondato dalle macchine, dai semafori, da tutta quella gente, io non esisto, sono parte di un tutto indefinibile, no, qui non sono solo.

Torno in tenda, l’aria si è un po’ rinfrescata e poi domani all’arrivo c’è la Fonte Susena, non  mi accorgo di addormentarmi come un sasso.

 

Mercoledì 25 maggio

Ore 6,00 smonto la tenda, colazione con una barretta di pistacchio, buonissima, finisco l’acqua. Inizio la terza tappa alle 06,30. C’è una casa, da una finestra un filo elettrico entra nel cofano di un fuoristrada, forse per tenere la batteria sotto carica, davanti alla porta una confezione da sei bottiglie d’acqua minerale, prendo una bottiglia lasciando un biglietto da 5 euro… sento una voce – lascia lì quell’acqua, è gasata, a te fa male, devi camminare e riprenditi quei soldi, prendi tutta l’acqua che vuoi da quel serbatoio azzurro, solo la voce, nessun volto… obbedisco. Al serbatoio riempio la borraccia, bevo e mi lavo i denti, mentre vado via grido un grazie, mi risponde un grugnito, sorrido.

Decido di fare la variante bass, capisco dopo poco di aver sbagliato, i segnavia sono rarissimi e sbiaditi, passo un tunnel con sopra il simbolo del fascio littorio, trovo una fontana,,, Acqua non potabile… bevo lo stesso!

Continuò fra sterrato e sentieri e arrivo a Colla Sgora, incontro il fuoristrada, lo ringrazio ancora dell’acqua, gli chiedo indicazioni, mi dice di attraversare quel prato e poi: – a quel prato sopra vai sulla sinistra – comincio la salita, salgo per mezz’ora, nessun prato, una strada asfaltata… comune di Pigna! era meglio fare la variante alta).

Torno indietro e finalmente ritrovo il segnavia, arrivo a Colle Scarassan, trovo un bel prato e alle 12,30 ho già montato la tenda, mangio una barretta, lavo una maglietta e i calzini in una pozza d’acqua, li stendo al sole e mi sdraio, il panorama è stupendo, prati a vista d’occhio in lontananza bellissime montagne che a breve raggiungerò, provo a capire dalle cartine quali sono se il Toraggio, il Pietravecchia, il Saccarello… forse sono ancora lontani… mi fanno un po’ paura, ho letto del sentiero degli Alpini… scavato nella roccia, a strapiombo… ne sarò capace? Mi alzo, devo trovare dell’acqua. In una specie di rudere con porta col lucchetto entra un tubo nero, trovo uno spiraglio, riescob ad infilarmi, le ortiche mi ustionano le gambe ma una volta entrato vedo un rubinetto… acqua.

Torno alla tenda, porto le borracce al rustico, lavo meglio maglietta e calzini, stendo di nuovo la roba al sole, sono felice, sono riuscito anche a lavarmi, mi sento bene, ma cosa faccio qui.

Sono le 13,00, smonto la tenda e riparto, arrivo al passo Muratone, al rifugio Muratone… bellissimo, completamente ristrutturato dal CAI d’Imperia , chiuso dal CAI d’Imperia, per la chiave… rivolgersi al CAI d’Imperia, lo so, se mi fossi rivolto a loro mi avrebbero dato assistenza, ma io sono come quei tedeschi o belgi o… che vengono qua sull’Alta Via, non lo sanno loro xche bisogna chiedere… nessuno ti lascia la porta di casa aperta, nessuno.

Vado avanti deluso, amareggiato, sconfitto, dopo poco resto affascinato da un branco di cavalli, sono bellissimi, liberi, forti, mi danno la loro forza, poi sento. Li seguo o sono loro che mi trascinano sempre più in alto. É quasi il tramonto quando mi rendo conto che sono sul Monte Coraggio, c’è un bel prato, monto la tenda accanto ad un rustico, il panorama è incredibile, il cielo si accende, poi si spegne e s’illumina del freddo chiarore delle stelle… le stelle fredde… sono miliardi, sono quelle di ieri sera, le ho ritrovate, sono protetto! Mi addormento soddisfatto pensando al sentiero degli Alpini, al Pietravecchia, al Saccarello, troverò la neve? Domo benissimo.

Giovedì 26 maggio

Ore 5,30 sveglia, colazione, le pastiglie d’aminoacidi sono troppo pastose, mi fanno venire sete, non ne prendo più, o almeno cercherò di ridurle…

Smonto la tenda, aspetto che il sole arrivi fino a me per riscaldarmi un pò, mi sono svegliato infreddolito, alle 6,30 inizio la salita per Fonte Dragurina, per raggiungere il rifugio di Sella d’Agnaria, al rifugio mi farò la doccia, la barba e mangerò qualcosa di caldo, non la solita barretta!

Alle 7,30 sono in cima al Coraggio, c’è una ferrata, non guardo sotto, la supero, poi un’altra e un punto che dev’essere franato e quelli del CAI (suppongo) hanno piantato dei ferri, hanno ricostruito il passaggio… bravi veramente! GRAZIE!!!

Un camoscio! É bellissimo, sicuro di se fra le rocce, agile e potente, perfetto, mi sento un verme, sono sudato, impaurito, stanco… e guarda lui! Bellissimo e sicuro, veloce, sa dove andare, da dove passare in una frazione secondo, mi piacerebbe sfidarlo in mare… riesco a fotografarlo.

Arrivo a Sella d’Angora, non ho fatto il sentiero degli Alpini, ho avuto paura, sulla guida dicono che è difficoltoso, pericoloso… io devo arrivare a Ceparama, ho davanti a me oltre 400 chilometri, cerchiamo di tenere i piedi per terra, marinaio!

A sella d’Agnaria il rifugio è chiuso… rivolgersi per la chiave al CAI di….., al Comune di…… ora? Ma come? Niente doccia, niente pasto caldo, niente acqua… trovo quattro bottigliette d’aranciata scadute nel 2002, la bevo, è buonissima.? Mi butto in un prato stanco e demoralizzato, volevo mangiare decentemente, dormire in un letto, parlare con qualcuno…

Sono le 11 mi riposo un pò, poi riparto verso passo Collardente, al passo incontro un tedesco su motocross, mi consiglia di non aspettare ma di salire sul Saccarello in modo da essere a San Bernardo di Mediatica verso sera, lì c’è un albergo?! Comincio l’ascesa al Saccarello col tempo che peggiora, c’è un forte vento e sembra che le nuvole stiano per cadermi addosso.

Le prime gocce mi sorprendono, ho messo i pantaloni pesanti e la giacca in goretex, la protezione allo zaino mi ha dato qualche problema ma ora sono sicuro che è ben protetto, alle 15 arrivo in cima, intravedo nella nebbia la grande statua del Redentore avvolta nella nebbia da un segnavia all’altro trovo il sentiero per scendere, sulla sinistra c’è Monesi, così dice la cartina, non riesco a vederla, alle 18 sono a San Bernardo di Mendatica, nel sole, il Saccarello è bellissimo , illuminato dal sole, mi viene voglia di risalire, scendo al passo… il primo albergo è in vendita, CHIUSO. Il secondo albergo aprirà il 27 maggio… DOMANI. Mi faccio le foto con un bel cane Sanbernardo e poi fermo un fuoristrada mi faccio accompagnare a Mediatica… AGRITURISMO!

Menù: sei o sette antipasti, ravioli di spinaci, coniglio, insalata, dolce, vino, caffè, grappa!

Sono le 21,30 sto bene, sono profumato, sazio, sereno, pieno d’energia, faccio fatica ad addormentarmi, guardo la televisione, mi addormento, sogno…

Venerdì 27 maggio

La titolare dell’agriturismo mi ha accompagnato al passo, le veniva di passaggio perché la cameriera polacca di mattino la porta su dalle pecore per mungerle e per controllarle, poi la va a riprendere per farla lavorare in cucina e servire ai tavoli, credo che quella ragazza lavori dalle 14 alle 16 ore al giorno, mi veniva voglia di tornare indietro per consigliarle di venire verso il mare, senz’altro avrebbe lavorato di meno e guadagnato di più, poi ho continuato per la mia strada, ma rivedo sempre quegli occhi belli e tristi ed ora penso che ho fatto male a non fare nulla per lei.

Tappa numero otto, tutta su asfalto, perdo il segnavia che mi avrebbe fatto fare un pò di sentiero, avrei visto un castello, raggiungo Col di Nava, mi precipito al bar, bevo la mia bevanda preferita, tutta gasata, poi un caffè, da un piazzale pieno di campers riprendo il segnavia, sempre su asfalto… sono le 11,30 mi fa un pò male il piede sinistro, leggo sulla guida che attraverserò campi di lavanda sul monte Airolo a 1221 metri., non ho visto campi di lavanda, c’è molta acqua, molto caldo, bevo e mi bagno la testa più volte, quasi in cima al passo Prale mi fermo sotto un albero a scrivere queste cose, c’è un’arietta niente male… mi cambio la maglia.

Al passo mangio, bevo tanta acqua, tolgo le scarpe, mi lavo i piedi, la caviglia non fa male, mi fa male il nervo sopra il tallone… il tendine d’Achille??? inizio la tappa numero nove alle 15, ero di nuovo senz’acqua e pensare che accanto ad una chiesetta c’era una bella fontana… non ne ho approfittato. poco fa ho incontrato Stefan un ragazzo olandese, mi ha dato un bel pò d’acqua??? L’inizio è su strada asfaltata, siamo a 1258 metri e passano le macchine!

Scappo via in una foresta di larici ci sono i tagliaboschi con motoseghe e ruspe, corro su, sempre più su, il sentiero è bellissimo, rocce frastagliate, cespugli di rose canine profumatissimi, una pianta che non ho mai visto comincia a mettere delle foglie che sembrano di velluto, un’altra pianta a cespuglio con dei fiori bianchi a stella, senza odore.

Annuso ogni fiore, ho trovato la lavanda, le genziane, le peonie, le violette ed altri fiori simili alla violetta ma gialli.

Alle 16 sono ancora a Colla Bassa, un mare di fiori gialli e… in lontananza il… mare!

Salgo lungo un crinale, è molto ripido ed il sentiero è quasi impraticabile perché la pioggia ha scavato la terra, ci sono tanti ciottoli e la caviglia mi fa male, arrivo in cima, c’è una croce, una Madonna guarda verso un paese in fondo alla valle, c’è anche la ferrovia, sulla roccia c’è scritto Monte Armetta 1739, sotto di me Ormea… si, Massimo parla sempre della sua Ormea, deve avermi regalato anche un libro che parla di questo paese, appena a casa devo leggerlo…
Trovo in una nicchia un’agenda, leggo qua e la quello che hanno scritto, ieri c’era un tizio, è venuto quassù per festeggiare il suo compleanno… da solo… mi sono messo a piangere, forse ha pianto anche lui.
Sulla guida c’è scritto che ci sono le marmotte e le stelle alpine.
Non ho visto né marmotte, né stelle alpine ma sono fortissimo, se solo avessi un pò d’acqua…
Ore 21 sono sotto la Rocca della Spina, ho montato la tenda  in un punto on discesa, scivolo nel sacco a pilo, cambio posizione, tengo i piedi verso la parte alta, metto lo zaino come cuscino e non scivolo più, un cuculo mi fa compagnia… se potessi gli sparerei, è monotono e non la smette, il cielo è sempre bellissimo, nom esco a guardarlo perché fuori sento che c’è qualcuno che scava col muso, grugnisce e non mi fa più paura, io devo dormire, lui deve mangiare e poi domani ho il monte Galero e poi arriverò allappa numero 11… significa il 25% del percorso e a San Bernardo di Garessio forse viene Lisa a trovarmi.

Sabato 28 maggio

Mi sono svegliato alle 5,30 ora faccio colazione… una barretta allo yogurt, un pò d’acqua e mi scaldo al sole che sta illuminando le cime innevate verso la Francia.

Certo che vivere quest’avventura è un modo diverso di interpretare la vita, si sente tutto sulla pelle, nel cuore. Mi sento di appartenere alla vita, gli alberi e l’erba, i fiori e gli insetti, gli animali liberi, i fragili corsi d’acqua, l’aria stessa è diversa, anche i silenzi sono diversi, sono più intensi, è tutto amplificato, anche le emozioni, le sensazioni e i fruscii, sono completamente solo, meravigliosamente inserito fra le rocce, ieri ho provato a sentire l’odore della corteccia delle betulle, la betulla è l’albero più bello che abbia incontrato, è elegante e gentile, sembra delicato perché quando muore sembra che si sciolga, si sfarina, viene voglia di proteggerlo…

Aspetto che il sole asciughi la tenda, è piena di brina, anche dentro è bagnata, forse dal mio respiro, alle 7 inizio a cercare il segnavia. Sono sul monte Dubasso 1538 s.l.m. sono circondato di rododendro in fiore e violette gialle.

Scendo in un fitto bosco di faggi, perdo il segnavia ne trovo uno quadrato, di colore rosso, lo seguo, fa caldo, mi cambio la maglia, sono tutto sudato, verso le 9,30 mi rendo conto che devo aver sbagliato a scendere, arrivo sulla riva di un laghetto, ristorante, macchine, turisti, m’informo e mi dicono che devo risalire il bosco oppure fare uno sterrato verso le fontane, scelgo lo sterrato.

Ho incrociato un ragazzo in fuoristrada, mi ha riportato su al passo, poi mi ha consigliato di salire alla Rocca della Spina, si vede il monte Galero, dalla cima passa l’Alta Via. Salgo il monte e trovo il segnavia, sono felice anche se ho perso sei ore, sono le 12,30 e sono dove dovevo essere stamani appena partito dal Dubasso!

La salita del monte Galero è durissima, una pendenza intorno al 40%, scivolo sull’erba ancora bagnata di rugiada, verso la cima mi sono aggrappato alla montagna, un passaggio laterale su roccia con il vuoto sotto di me, arrivato allo spartiacque potevo salire comodamente sul punto più alto e invece scendo verso prati verdissimi, il vento mi rinfresca, l’ho fatta.

Da lontano sembrava un mucchio di spazzatura, in mezzo al verde, avvicinandomi ho messo a fuoco un bivacco… si un bivacco composto da due persone e due cani, le selle, coperte, zaini, mi avvicino e li vedo meglio, mi accolgono con un sorriso.

Chicco e Cristina, i loro cani Noè e Balton, i loro cavalli più lontano a pascolare. Non sono per niente meravigliati che io venga da Ventimiglia e che vada a Caparana, mi dicono che sull’Alta Via s’incontrano i tipi più strani e loro stessi non si sentono per niente gente comune, prendo un bel the caldo ai frutti di bosco.

Scendo dal monte allegramente, ci siamo dati appuntamento al passo, ceniamo  insieme al ristorante.

Cena stupenda, pesce, pesce, pesce, ho fatto fuori anche quello che loro non mangiavano, alle 23 ci siamo salutati, loro tornano a Ferrania avevano la macchina con il porter per i cavalli, mi aspettano a casa loro, hanno la casa sull’alta via lungo al tappa 17.[…] 

Domenica 29 maggio

Stamani appena hanno aperto il bar io ero lì, cornetto, cappuccino, caffè… Oggi pausa, ho telefonato a Lisa, viene a trovarmi, mi prendo il sole tutto il giorno.

É un continuo via vai di motociclette, sembra di essere sul Bracco, vanno come matti, osservo le moto e mi prendo il sole.
Ho pranzato… pesce, pesce, pesce…
Ci saranno 30 gradi ma sto bene… alle 19 arriva Lisa, é bellissima, profumata, elegante come sempre, mi ha portato le ciliege, banane, pomodori, ma lei é il frutto e il fiore più bello che fin ora abbia mai visto, quando se ne va non sono triste perché mi ha detto – sei unico, avevo paura di trovarti sciupato, affaticato, invece stai bene e sento che ce la farai perché ti vedo ancora più determinato.

Lunedì 30 maggio

Ore sei inizio la tappa n° undici, undicesima tappa vuol dure il 25% del totale… niente ale!

Ho messo due calzini piegati sotto il tallone del piede sinistro e così riesco a camminare.

Sentiero facile, sterrato fra castagni e noccioli, in un paesino disabitato ho incontrato un tizio, stava lavorando ad una mola, gli ho chiesto che facesse, mi ha risposto che stava affilando la motosega, gli ho chiesto se mi faceva un caffé.
Ci siamo seduti nella sua cucina e ci siamo presi il caffé, mi ha raccontato che ha lavorato per 35 anni come guardiano alla diga della Val Seriana ed ora abita li, dove c’é poca gente, solo quella che passa sull’alta via, non riuscirebbe a vivere in una città, ci siamo salutati come due vecchi amici.
Faggi, sempre faggi, fortissimamente faggi e poi il monte Carmo 1389 s.l.m. che domina Finale Ligure e poi Foresta della Barbottina e sempre faggi fino al Melogno… tappa n° 15, arrivo stanchissimo al rifugio Heidi, pasta al forno, stufato di capra, patate al forno, crostata, fragole, vino, caffè… grappa… letto.

Sentiero facile, sterrato

Martedì 1 giugno

Ho condiviso la camera con Therry, un ragazzone svizzero, a colazione abbiamo fatto fuori tutto quello che ci offrivano, ed ora stiamo aspettando un pò prima di partire insieme verso le prossime due tappe, intanto scrivo… ieri ho pensato solo a camminare, ho fretta di andare a trovare Chicco e Cristina, ricordo Rocca Barbena e il monte Carmo, ma ricordo soprattutto che stavo bene, ho fatto più di 30 chilometri e non mi sento per niente stanco.

Partiamo alle otto, du buon passo, lui parla un po’ d’italiano, io cerco di rispondergli in francese, ogni tanto uno di noi parla la sua lingua madre e l’altro finisce di capire.

Nei punti duri restiamo in silenzio, non c’é sfida tra noi ma nessuno dei due vuol apparire fragile, io almeno stringo i denti. Siamo davanti ad una salita in un tratto scavato dall’acqua, il pietrisco frana, tiro io e lo sento ansimare, mi siedo a terra esausto, si siede anche lui e mi sorride, mangiamo la sua cioccolata.
Ore 10,30 siamo a Colla S.Giacomo... ore 15,30 arriviamo ad Altare, 30 chilometri in 7 ore e mezza, soste incluse.
Bar nella piazzetta bibita fresca, dolce e… ci salutiamo, torno sulla via e quando vedo il cartello di Ferrania chiamo Chicco, viene a prendermi Cristina, le porgo un mazzolino di fiori di campo, mi porta a casa loro: bella villa circondata da un bel prato, piscina… mi faccio una doccia e mi butto in acqua, nuoto con vigore, il figlio Andrea va a mettersi il costume forse per tenermi compagnia, ma sono sfinito, esco dall’acqua, mi sdraio al sole.
La sera siamo a mangiare a casa del fratello di Chicco a Savona… pesce, pesce, pesce.
Ho dormito come un principe, in taverna, circondato dal profumo delle formaggette, avvolto da quello della cantina, mi sono portato giù un bicchiere, ho assaggiato tutte le grappe.
Oggi resto qui da loro cucino io, per primo gli faccio il risotto con le bietole, per secondo cosciotto d’agnello allo spiedo. C’é anche Filippo l’altro figlio, un ragazzo tutto studio e sport, amante della fotografia, mi ha fatto vedere la sua migliore produzione, va fortissimo in mountain bike.
La sera con Chicco facciamo progetti, lui vorrebbe percorrere l’alta via dal Bocco a Ceparana con i cavalli, gli ho promesso di verificare il percorso.
Potrebbero partire dal Bocco, fare la prima giornata con pernottamento in tenda, dormire da Mauro ai Casoni di Suvero e trovare la macchina col porter a Ceparana.

Giovedì 3 giugno

Ore nove mi ha svegliato Chiusso, preparo la zaino e parto da casa loro, saluto i cavalli Ribot e Jolly che pascolano nel prato lungo la provinciale, continuo per un pò su asfalto poi davanti ad un gigantesco olmo entro nel entiero, riserva naturalistica dell’Adelasia… Cristina mi ha raccontato della nobile Adelasia, il diciannove giugno ci sarà da loro una commemorazione storica in abiti dell’epoca e la loro famiglia ha contribuito in passato e tuttora contribuisce per la riuscita della manifestazione, sarò senz’altro da loro in quei giorni.

Continuo a camminare, arrivo al ristorante Le Meugge, prendo un caffè, proseguo , percorso adatto all’escursionismo equestre in boschi di faggi, al colle del Giovo incontro parecchi gruppi di cavalieri, son bellissimi in quest’ambiente, mi sembra di essere tornato indietro nel tempo.

Sono ora al parco del monte Beigua, passo dai cartelli della riserva litoranea di ponente a quelli che indicano “riserva litoranea di levante”, sento che tra poco entrerò nella provincia di Genova.

Ore dieci e trenta, sono davanti al cartello della tappa n° 18. Sotto dei tralicci dell’alta tensione mi sbaglio, seguo dei segni rossi su esili tronchi, continuo a scendere, arrivo ad un ruscello, mi lavo e lavo i calzini, risalgo su una strada asfaltata, ho raggiunto un gruppo di case mangiando dei biscotti, ho chiesto indicazioni e mi hanno risposto che devo risalire su la strada asfaltata fino al passo del Giovo.
Inizio subito la tappa 19, bevo la mia solita amata bibita, un caffé, caldo, sole sul collo, subito salita dura poi castagni, castagni, castagni, poi faggi, sempre faggi, ma almeno c’é ombra, incontro 3 ragazzi in mountain bike, mi fermo a parlare con loro, poi ci presentiamo, Roberto, Marco, ….. ed io Manfredi, di nome, uno fa: – MANFREDI? Ma si, infatti mi sembrava di conoscerti! Abbiamo fatto la settimana bianca ad Arabba nel 86, con il CRAL delle poste, tu eri col marito di Danila, il tuo collega, l’avvocato! Ci abbracciamo sbalorditi, ci scambiamo i numeri telefonici, ci salutiamo. Riprendo a salire, d’un tratto il bosco si dirada, inizio a vedere dei mostri orribili: le antenne televisive e gente, tanta gente, macchine, bambini, spazzatura, bottiglie. Entro nel rifugio tutta gente che mangia che grida, cameriere che attraversano le sale, odore forte di fritto, bevo 2 birre e scappo via, scendo verso Pra Riondo, scatto qualche foto verso il monte di Portofino avvolto nella foschia, sbando per effetto delle birre, sono a Genova, sono a casa, arrivo a Pra Riondo, c’é un albergo rifugio tranquillo, prendo la camera, mi faccio una lunghissima doccia, lavo e stendo un po’ di biancheria, ceno a base di ravioli e carne e mezzo litro di vino rosso, vado a letto e dormo benissimo, sembrava il mio cuscino, io ho un cuscino che ho portato con me nei tre anni di marina e nella casa da sposato, ha almeno 40 anni, ogni tanto cardo la lana, la metto al sole e diventa gonfio, altissimo, ma é perfetto quando la lana si arriccia e fa i gruppetti… dormo benissimo.

Venerdì 4 giugno

Sveglio alle sette colazione, partenza alle otto.

Cammino e comincio a vedere vasti agglomerati del ponente ligure, vertiginosi panorami sul mare, non mi volto mai e se lo faccio non fotografo il Beigua, di fianco al monte Argentea trovo un rifugio del CAI aperto, con acqua, coperte, tavolino e panche, stufa con la legna pronta e gli accendini, poco lontano addirittura una sorgente! Penso che dovrebbe essere sempre stato così, ma comunque é andata bene e sta andando anche meglio, Bric del Dente, Bric Geremia e poi… Forte Geremia splendidamente ristrutturato, il Monte Giallo, al passo del Turchino stavo per visitare il sacrario dell’eccidio, sono andato oltre non prima di aver pensato un poco a quella povera gente disgraziata.
Sono sceso a Masone, avevo voglia di caffé di gelato, al ritorno ho preso l’autobus, di fianco alla fermata, prima del tunnel ho ripreso il sentiero, monte Veleno e monte Martin (bellissimo) purtroppo con qualche nuvolaglia che toglieva di tanto in tanto la visibilità.
Ho lasciato poco fa Benedetto e Matieu, una coppietta di belgi che stavano già montando la tenda, stanno facendo tutta l’Alta Via da Ceparana a Ventimiglia, sono passati dai Casoni di Suvero, hanno conosciuto Mauro.
Ore 20 Colla di Praglia, ho avuto alla mia sinistra fin ora il santuario della Madonna della Guardia.
Cercando il ristorante (forse sarei dovuto rimanere sull’asfalto) sono arrivato a superare la tappa 23, supero Piede Sud, Bric Guana… metto la tenda alle 21,30, stanchissimo.

Sabato 5  giugno

Sono le cinque e trenta, smonto la tenda e verso le sei e trenta riprendo il cammino, voglio arrivare alla tappa n° 27, Passo della Scoffera, nomi conosciuti, paesini che ben conosco, mi sento euforico, ho già superato da un po’ il 50 % del percorso, il più difficile é passato, le cime alte, ora ogni volta che arrivo in un posto so esattamente dove mi trovo, comincio a non guardare più la guida, anche se dovrei, probabilmente mi perdo qualcosa, ma l’importante é andare avanti… avvicinarsi alla meta, passo dopo passo.
Ore 9,45 sono alla Bocchetta, poco fa ho incontrato un branco di mucche, non sapevo come comportarmi, si sono girate tutte verso di me, hanno smesso di mangiare, mi guardavano, i vitellini, forse incuriositi, facevano qualche passo avanti, le grandi li affiancavano, c’era poi un manzo (aveva il ciuffo di peli sotto la pancia) che forse si sentiva un toro, ed era quello che mi sembrava più innervosito, muggiva e mi guardava, ho dovuto salire un pendio per aggirarli. Ho sempre visto le mucche la lontano pascolare pacifiche, in gruppo forse sono come le persone, si sentono forti, diventano aggressive, cattive..
Poco dopo, nella nebbia, un branco di cavalli, qui addirittura due maschi sono venuti verso di me nitrendo ho capito che era meglio andarsene, stessa strategia, aggiramento e fuga, uno poi aveva sfoderato un attributo enorme… ho fatto
benissimo ad andarmene, mi sarebbe piaciuto che fossero come Ribot e Jolly, ma allontanarmi da loro penso sia stata una mossa saggia.
Sento la necessità di quelle salviette detergenti, se mi ricordo quando arrivo dove c’é civiltà le compro.
Ore 13 arrivo al Santuario della Vittoria, c’é un ristorante, mangio, mi lavo, poi faccio regalare tre saponette al tavolo accanto al mio c’è un vecchio prete di campagna, mezzo sordo, parliamo un po’, mi dice che sono stato fortunato ad arrivare indenne fin li, mi benedice con un rito in lingua latina, sono emozionato, attento e felice, lo ringrazio, Don Paolo, parroco credo del Santuario della Vittoria… Grazie.
A Crocetta d’Orero fotografo il trenino di Caselle, prendo un caffé in un bar, arrivo a Colle di Creto con fatica, ho mangiato troppo, ho bevuto troppo vino, ma la benedizione di don Paolo mi fa arrivare all’Hotel dei Cacciatori gestito da Pietro Sabatini e la moglie, lui giocatore della Samp, appare in una foto con Benetti, Cacciatori.? Mi addormento stordito da un buon vino toscano.

Domenica 6  giugno

Ore nove sono in cammino, continuo a vedere il mare, incontro uno del CAI di Sampierdarena, lo lascio andare avanti, il tendine mi fa male, lui si offre di aspettarmi, ma io gli dico di no, lo vedo allontanarsi sul crinale fra l’erba alta, mi siedo, faccio delle foto, bevo, poi proseguo e arrivo al passo della Scoffera, chiamo i miei figli, arrivano in mezz’ora, mangiamo salsiccia e fagioli insieme, Barbara e Massimo i miei ragazzi… non mi faccio vedere emozionato, sdrammatizzo, scherzo e poi li lascio andare, mi hanno portato le ciliegie di Marietto il mio vicino di casa a Cogorno, penso che uno come lui, ex alpino, sarebbe utile e piacevole incontrare in montagna, è gentile, premuroso e disponibile, mi accorgo di sentire la mancanza di troppa gente, della mia gente.

Lunedì 7 giugno

Ore cinque sveglio, smontato la tenda, non è una bella giornata, minaccia pioggia, cammino quasi al buio, bosco di faggi, sempre faggi, fortissimamente faggi e poi… rato verde, una cappelletta sulla cima, davanti a me, salgo con frenesia, la raggiungo… sono sul Ramaceto!!!

Piango, non riesco a smettere, non ho il coraggio di guardare al di la della cappelletta, prendo la macchina fotografica e vedo Chiavari, Lavagna, Leivi, Sestri Levante, la collina di Suea, San Rocco, la chiesetta disastrata della Madonna del Caravaggio… casa mia… e piango e non mi vergogno di dirlo, piango di felicità, di nostalgia, di tristezza, qui c’è anche un altare dedicato a Calcagno e Roberto Piombo… Roberto era un mio amico, accarezzo il suo nome, poi mi siedo accanto a loro, leggo ciò che qualcuno per loro a scritto e penso che non sono morti stupidamente, praticavano uno sport intenso, vero, sacro e se ne sono andati senza paura, con la forza che solo le grandi persone hanno. Nella cappelletta trovo

[…] Pensiero finale

L’Alta Via è una cattedrale nel deserto, non c’è assistenza, non c’è nulla, tutti quei disgraziati che la percorrono trovano strutture ricettive inesistenti o chiuse perché gestite da club privati che le usano solo per loro. Si è soli, l’unica cosa bella è la natura, anche se talvolta rovinata e abbruttita conserva un suo fascino, bisogna avere la capacità di viverla pienamente.

Non basta mettere dei segnavia, bisognerebbe trovare più spesso strutture ricettive aperte, con acqua, coperte, viveri in scatola, gli stranieri  tratterebbero queste strutture con civiltà, probabilmente versando un “obolo” se richiesto. Ma si sa che le cose più semplici sono le più difficili da realizzare.

Qualcuno ha detto “toglietemi tutto ma lasciatemi il superfluo”…, almeno ci avrei riso sopra e mi sarei addormentato sorridendo.

 

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GUYA TREKKING 2008

Il Sentiero Italia

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Martedì 24 maggio

Saluti e abbracci a Nadia e Sergio e via verso Sud, verso una tappa apparentemente facile se non fosse per una stupida distrazione che mi porta inspiegabilmente sul sentiero 34, telefonate a Tamara e Alessandro, quindi dietrofront fino alla partenza di due ore prima e questa volta prendo bene la mira e vado avanti fino ad un capanno di cacciatori molto ben attrezzato, mi fermo, mangio e… riparto senza la macchina fotografica! Me ne accorgo dopo oltre un’ora, lascio lo zaino ben nascosto e torno al capanno.

Quando ritorno  e arrivo allo zaino ho perso altre tre ore!

Arrivo al Passo Muraglione, al bar mi scolo due birre con pane e formaggio, quindi scendo in un prato e monto la tenda, verso le 22 sono nel sacco a pelo e cerco di dormire.

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Mercoledì 25 maggio

Non aspetto l’apertura del bar, faccio il test dei sei minuti al punto otto e via verso il Passo la Calla, stamani vedo benissimo, non ho soste, incontro gente, si sa che durante le feste tutti vanno in montagna, mi presento, dico quello che sto facendo, distribuisce biglietti da visita, incontro un funaiolo e ballerino di liscio: Giuliano Betti di Brrinoro (Forlì), simpatico e cordiale, mi rimette un CD, me lo spedirà a casa, perfetto!
Attraversare le foreste Casentinesi è semplicemente magico, non ho abbastanza aggettivi per descrivere l’emozione che ti fa essere parte di questa natura, i faggi si susseguono come fossero persone che ti aspettano e tu sei felice di essere atteso, guardato, salutato, vorresti abbracciarli tutti, appoggio la fronte sudata in un tronco enorme e lo bacio due volte.
A pochi chilometri da Badia Prataglia incontro Gerard, un ragazzine olandese di almeno due metri, proseguiamo insieme e andiamo nello stesso albergo, il “Giardino”, mangiamo veramente bene, genuino.
La signora Lia, molto simpatica, (non per niente è romagnola) mi racconta del suo cane, praticamente non la smette di raccontarmi tutto quello che questo cagnotto ha combinato, riesco finalmente a chiudere la conversazione perché voglio scrivere queste mie memorie finché sono vive nella mia mente, poi tornerò da lei, perché io amo ascoltare la gente, ma dopo, dopo le mie memorie pleace!
Comunque oggi sono stato fortissimo, ho mainato oltre 35 km in dieci ore, soste e chiacchierate comprese, stasera mi regalerò anche una birra doppio malto e poi a nanna.

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Giovedì 26 maggio

Sicuramente oggi ho avuto una grandissima idea, abbandonare Gerard al suo destino, si, perché io credo molto in me stesso, credo che da solo, senza interventi esterni il mio agire diventa magico ed imprevedibile.
Probabilmente sentivo che qualcosa non andava con questo compagnasti trovato sul sentiero, quel qualcosa non era che l’impossibilità di agire d’istinto Sono così partito lasciandogli un biglietto nello scadentissimo inglese che conosco, ho attraversato Badia Prataglia  suo sentiero GEA fino alla segheria, in quel punto il sentiero indicava di entrare nel bosco per arrivare a Passo Mandrioli, lasciato l’asfalto mi sono finalmente trovato nell’ambiente a me più congeniale; oggi fra gli alberi si stava benissimo, un poco meno allo scoperto, penso che in certi punti abbiamo toccato sicuramente i trenta gradi.
Un susseguirsi di salite e discese, fatte con un buon ritmo fino a Chiusi della Verna, graziosissimo paesino, quasi perfetto, ordinato, pulito, curato nei particolari, abitato da gente cordiale.

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GUYA TREKKING 2009

La Via Alpina

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Martedì 24 maggio

Qualcosa mi ha svegliato, sono le 6,30, scendo in cucina,

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