Ingoglia Margherita – Poesie


POESIE
Notte
  –  Baslamo selvatico  –  Senza confini   –  Scarlatto


Margherita Ingoglia – Giovanissima poetessa è nata nel 1987, vive a Sambuca. Ha partecipato a diverse rassegne con poesie che hanno riscosso lusinghieri apprezzamenti. Nel 2003 ha partecipato al “Concorso Nazionale di poesia” di Alessandria (AL) ricevendo il premio speciale della giuria per la poesia “Balsamo selvatico” che è stata pubblicata nel volume “Mondopoeta 2003”. Nell’ottobre del 2004 ha ricevuto un attestato di riconoscimento dalla giuria del concorso “Isidoro Fogazza – Giuseppe Grasso” patrocinato dall’Università della Terza Età di Palermo.
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NOTTE 

Fui l’alba e poi il tramonto
ma nella luce dell’alba e del tramonto
la mia mente non trova ristoro
poichè offuscata da fuochi insani
da peccati incombi,
da buie tenebre e,
da sguardi riflessi nella nebbia!
Volti abbandonati nel vento e,
gelati nella notte.
Ora ciò che provo è dolore,
ma taccio….pacatamente taccio
e, senza lamento chiudo lo sguardo
alla notte.
La mente dei violini intenerisce gli ascoltatori
dei miei sogni
e, nella notte i miei prendono vita.
É la tela del pio pittore
che riesce a far udire
solo ciò che un sordo può udire
e, a far vedere
solo ciò che un cieco può vedere
La morte dei sensi è la veggente della vita
e solo nella notte!
Adesso ritrovo la pace!

TORNA SU

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BALSAMO SELVATICO

Avvenne di notte,
tra balsamiche caligini e scirocco.
Mi involo tra sterminati silenzi:
da sguardi riflessi nella nebbia!
sognai benedizioni.
Affioravano evocati dall’immutato
gli aspetti di luoghi laici,
sogni d’un’epoca vissuta e
la nenia ecosa d’una vita perduta.
Inesaurita nostalgia
rapisce il mio ego,
tra ore sorde e tonfi torvi.
Adagio la mia brama
tra aure vivificatrici e candide.
Guardo le tenebre: grazia estatica e
nfelicità aurorale.
In lontananza, oltre la vista,
riconquisto il vago profumo e
percepisco l’eco di rintocchi
mistero in ciò che questuo,
aspro, ma gremito di dolcezza.

TORNA SU

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SENZA CONFINI

Sentirò il vento
scuotere le crisalidi di primavera,
fiorire l’invidia dal profumo d’oro.
Vedrò scorrere tra i pendii innevati
un colore bramoso di potere,
vedrò il dio d’un giudizio universale
far trasudare, da sfumature sacrali,
il delirio martire della non vita.
Vedrò uomini calpestare, con tacchi a spillo,
un’enorme pupilla umana dalla stilla sanguinante.
Vedrò gente leggere gli anagrammi dell’aurora
dalle labbra dei sogni, mentre sprofonderò
tra le sabbie mobili della mente pensierosa.
Perderò un ciglio lungo un fiume,
dopo aver attraversato i mosaici del sole,
rimanendo con il mio inquieto poetare
a seguitar le muse tra l’ombre dei limbi.
Mangerò foglie di salice
seduta sulla grande collina della speranza,
e scaverò felicità
nell’assenza di dolore,
dopo aver chiesto alla luna
dove l’eternità decapita la sua testa.
Cercherò di smarrire la maschera della vergogna
per non essere mai nata nella singolare lucidità dell’insania.
La tinta del cielo diverrà mappa di spirito,
nessun vento stuprerà l’essenza dell’anima
oiché del suo fiato ne saremo tutti figli.

TORNA SU

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SCARLATTO

Estasi e finezza,
angue e rugiada.
Antiche ebrezze richiamate da Bacco
affinché nel gusto dell’antico sapore,
resti bellezza
sotto un tralcio scarlatto di perle,
col color del sangue
o con l’ebrezza della rugiada del sole.
Non melograni all’ombra di trecce e viti,
ma un lucore d’uva
che sazia alla vista d’ebbro viso.
Gremita di ragion
ancor piú che nella lucidità dell’antico essere,
ma fatal compagno di nemici e tradimenti.
Costui che dona alla vista
una dimessa foggia
e al volto un rossore paonazzo,
espone al mondo la vergogna della propria sventura.
Eppur si sazia d’un’essenza vaga,
colui che d’esso s’inebria il core.
Raggia ai contadini i dí infelici,
ai pescatori il privilegio dell’addio lesto,
dona, ai vagabondi, dell’illusioni, la sacrale felicità,
e ai suicidi la fittizia vita eterna.

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