Il resto della vera poesia – Pietro La Genga


POESIE
A giovanni  –  A Leo Verde valoroso computista  –   A una commissione giudicatrice  –   Ad alcuni ragazzacci –   Ad un giovane che gioca con la vita degli altri   –   Ai bracconieri   –   Allo scienziato  –   Anelito verso la trascendenza –  E scrivo sempre  – È venuto a travolgermi l’autunno  –  La mia vena  –  Editori – Festa della donna  –  Il resto della vera poesia  –   Ai critici d’oggi  –  Gattina abbandonata  – Gianbecchina  –  Gli animali non si toccano  –  Il dubbio  –  Il mio morale  –  Il riconoscimento perduto  –  Il troppo simbolismo  –  Incendi  – Io e la natura   –  Il troppo simbolismo  –  Il troppo simbolismo  –  Incendi  – Io e la natura


CHI È PIETRO LA GENGA

Vate, lirico, didascalico e naturalista, poeta che realizza la “Koinè” e dona nuova vita e vigore alla lingua siciliana.
Poeta che nella forma semantica, rigorosa, composta ed armonica impone alla poesia in lingua italiana una “substantia” di universale divenire che volta alla genesi di ogni fenomeno, tra “Luci e ombre”, “Timpesti e bunazzi”, “Tormenti e speranze”, richiama l’uomo alla divina necessità di esitare positivamente ogni manifestazione del suo essere.
Pietro coglie, così, la dimensione di un Dio creatore che dona all’uomo “questa bella famiglia d’erbe e d’animali” e un “talento” di cui disporre.
L’etica umana si risolve nell’adorare il Creatore che, per essere adorato, ha magnificato l’uomo su questa Terra: non usare male questo talento, non abusare dei doni del Signore, “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”.
Questo è l’imperativo categorico che, costantemente, l’opera di Pietro evidenzia con l’amorevole invito a pensare che:

“Nessuno è grande
fanciulletto mio:
Grande è soltanto Dio.”

Egli è, comunque, consapevole di una natura dell’uomo che si estrae dalla natura delle cose e che vive di quei doni divini che si realizzano in forme esistenziali piene:

Il dolore e la gioia,
la paura e il coraggio,
l’inquietudine e la serenità,
il dubbio e la certezza”

Stati dell’essere, opposti e uniformi, che non solo nel componimento “L’ultimo dono” ma in tutta l’opera di Pietro assumono valore di entità completa e non contraria.
In questa visione del Tutto-Uno Pietro si libera da ogni passione e realizza il sogno del giusto che coglie l’ultimo dono del Creatore: “La forza di vincere le tentazioni” per “riposarmi in Te”.
Così Pietro con versi sublimi che irradiano pace e serenità concepisce la grandezza del Tutto nell’Uno e del divenire eterno: “la vecchiazza” darà spazio ad una nuova primavera… “In ciel tra i canti eterni e lo splendore” e… “passato il tormento e la paura” riprende “ricca e possente … soave e pura” direi io, quella che in Pietro, più che la vena è la Sua natura.
Perché Pietro è Poeta vero e come tale vive in una dimensione trilogica nella quale l’idea, la creazione e la sensazione sono la forza costante dei suoi versi.
Si! Perché in fondo, il nostro Poeta, vero grande Maestro, con la Sua poesia eterna imita il sublime atto della Creazione che per lui consiste non tanto nel porre i modi o le forme dell’Essere quanto nel divenire dei modi e delle forme che compiono il proprio divino, rigoroso, puntuale e necessario compito:

tutto è come un chicco di grano
“che le spighe farò belle e indorate
se mi porgete tutti voi la mano;
le quali sotto il fuoco dell’estate
daranno al mondo il pane quotidiano”.

Pietro, in questa sua visione di unica realtà nella quale l’uomo e la natura si fondono, non manca di riconoscere nella Vera Poesia, gli stessi attributi che del Creato sono propri: grande armonia, eternità, gioia immanente

“di quella poesia tutta armonia
che vive eterna e che rallegra il cuore”.

Maestro inesauribile, egli racchiude in sé ogni forma dell’arte le teraria.
Egli si fa anche satirico e drammaturgo, riuscendo con i suoi ver giocosi a suscitare il sorriso del lettore e dando alla sua satira, con arguzia e con immagine pittorica, un chiaro e incisivo fine moralistico. Positivo, moralistico e didascalico è l’obiettivo che si pone il Pietro drammaturgo che invita al rispetto di valori come la famiglia, la giustizia, la socialità, inventando e arricchendo trame caratterizzate c penetrante spirito di osservazione, pervase da entusiasmante brio che nell’evidenziare i peccati e le colpe dei personaggi, hanno lo scopo richiamare agli ideali di una condotta umana e cristiana.
Chi è Pietro La Genga? Pietro è un grande poeta, un maestro, che nell’arte eterna della poesia, nell’introspezione tra ragione e sentimento, nella visione di una realtà nella quale il bene e il male si intrecciano per dare vita al necessario divenire dell’universo, indica al mondo la vera umana e divina ragione di essere.
La sua poesia? La tangibile presenza dell’Amore, la chiara visione di un poeta che eterno sarà nella storia della Letteratura.

 Prof. Giuseppe Abruzzo


CRITICA

È sempre difficile trattare di un Poeta così poliedrico come Pietro La Genga. Egli, nel lungo corso della sua produzione Artistico-Letteraria, ci ha mostrato i vari generi di poesia.

La poesia in Pietro La Genga si manifesta, per dirla con Ungaretti, come “il frutto di un momento di grazia”, quando cioè nel poeta ciò che è caro, ciò che lo ha inquietato e agitato nei suoi sentimenti e nei suoi pensieri appaia a lui nella sua verità più umana. Egli riesce così a rac- cogliere in sé, per meditare e maturare, nel silenzio del proprio spirito, la sintesi delle proprie osservazioni, come accade anche in quest’ultima raccolta, “Il resto della vera poesia, (parte prima)”, dove ancora una volta ritornano i motivi autobiografici, umanitari e religiosi.

La poesia, per lui, è una liberazione, un messaggio di speranza, anche sociale. È vita nel senso più o meno profondo: e per questo è una poesia vera, poiché non estranea all’umanità, nel senso che rivela sempre il volto più originale dell’uomo protagonista del suo tempo, nel senso che si fa coralità universale, poiché attinge in sé il mistero che è comune all’umanità intera, indipendentemente dai tempi e dai luoghi. La sua è una poesia vera, autentica, anche perché nasce dall’incontro e poi dalla sintesi di due realtà antitetiche: da una parte il lungo e paziente lavoro di sollecitazione della tradizione, operato da uno studio severo e profondo, dall’altra la folgorazione, l’improvvisa ispirazione che solo origina nelle menti più sensibili e raffinate.Ritengo che la poesia più profonda di La Genga sia quella dell’architettura semplice, quella dei componimenti brevi, dei frammenti contenenti coincise e intense riflessioni che generano in lui il sentimento del mistero annidato dentro la sua sensibilissima anima.

E proprio queste peculiarità hanno le liriche de “Il resto della vera poesia”. Particolarmente efficace si rivela l’uso degli epifonemi, ossia degli enunciati, dall’effetto sintetizzante e di carattere sentenzioso ed esclamativo, che concludono e illuminano retrospettivamente i testi della raccolta, allo scopo di coglierne le implicazioni universalmente esemplari. Dal punto di vista linguistico, le liriche presentano un italiano che si differenzia sia dal registro formale aulico, per il rifiuto di termini ricercati, arcaici, sia dall’uso colloquiale, sia dal gergo tecnico scientifico: è un linguaggio comunicativo, antiretorico, fresco, realistico ma ricco. Il suo stile è inimitabile e inconfondibile.
Gli endecasillabi e i settenari, i versi classici della poesia italiana, sono quelli che il Maestro Pietro La Genga predilige.

Prof. Michele Vaccaro

 


CURRICULUM – Pietro La Genga è nato nel 1925 a Santa Margherita di Belice dal signor Gioacchino, sambucese, e dall’insegnante Graziella Rotolo, margheritese, e vive a Sambuca di Sicilia. Ha compiuto studi classici. Poeta e commediografo di lingua italiana e di lingua siciliana, è incluso nei maggiori dizionari, antologie e annuari. Tradotto in greco, in latino e in esperanto. Numerose sono le sue poesie pubblicate su giornali e riviste, nazionali e internazionali.

Le sue liriche sono proposte nelle scuole e divulgate attraverso i mezzi radiofonici e televisivi. Della sua produzione poetica e letteraria si è occupata la critica più qualificata. Gli sono stati conferiti prestigiosi premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, tra i quali:

“La Quercia d’Oro”;
“Maestro d’Arte”;
“Cavaliere di Malta”;
“L’Ala della Vittoria”;
“Doctor H. C. in studi umanistici della N. W London University”; “Pioniere della Cultura Europea”.

Sambuca l’ha premiato con “L’Arpa d’Oro” e Santa Margherita lo fa navigare nel grande mare d’Internet.
È entrato nella “Storia della Letteratura Italiana. Il secondo Novecento” (Guido Miano Editore, Milano 1998); nella “Storia della Letteratura Italiana del XX Secolo “, a cura di Giovanni Nocentini, con saggi introduttivi Silvio Ramat, Neuro Bonifazi, Giorgio Luti; nella “Antologia della Letteratura Italiana del XX Secolo”, pure a cura di Giovanni Nocentini, con testi di Lia Bronzi e saggio introduttivo di Neuro Bonifazi, nel “Dizionario degli Autori Italiani del secondo Novecento” e nelle “Agende Arte e Pensiero”, tutte Edizioni Helicon di Maria Eugenia Miano, Arezzo. È stato accolto, in seguito al Manifesto, nella “Storia della Poesia Siciliana” di Salvatore Camilleri (Boemi Editore, Catania 2002).

Ha pubblicato i seguenti libri di poesie:
Ascendere (Ed. La Via, Palermo 1964); Munnu riversu (Ed. La Voce, Sambuca 1972); Luci e ombre (Ed. ASLA, Palermo 1984);
verso la vita (Ed. Seledizioni, Bologna 1990); Timpesti e bunazzi (Ed. Civiltà Mediterranea, Sambuca 1991); Tormenti e speranze (Ed. Pubbliscoop, Sessa Aurunca 1994); Inni, poesie e versi messi in musica, a cura di Michele Vaccaro (Ibidem, 1995); Il resto della vera poe- sia, parte prima (Ed. Biblioteca Comunale, Sambuca 2003).
Ha pubblicato pure tre commedie:
Cuntrasti e cunfetti (Ed. Arte e Folklore di Sicilia, Catania 1994); Nevrosi e infedeltà (Gabriele Editore, Roma 1996); L’asino in pretura (Ibidem, 2000).

I suoi volumi risultano catalogati nelle principali biblioteche italiane.
Del presente volume quasi trenta poesie sono state pubblicate prima su “Il Foglio Volante” di Amerigo Jannacone.


BRANO DI RECENSIONE

Ancora una raccolta di liriche di Pietro La Genga, poeta infaticabile attento, incisivo orgoglioso del suo ruolo.
Un atto d’amore alla poesia che alla vita ha dato senso e di vita si è nutrita. Poesia limpida, tesa all’armonia e alla verità.
Alcune sono liriche d’occasione, composte per ricordare eventi, ammonire, commemorare, celebrare; molte altre per fare, come sugge­risce il titolo, un vero e proprio bilancio.

Pietro La Genga, infatti, passa al vaglio il suo percorso esisten­ziale: la “bella gloria” che ha coronato l’attività letteraria, l’ambizione che spesso “dell’arbitrio toglie il grande dono”, “le frecce avvelenate” dei denigratori, il fiero distacco dalla turba dei “pseudo poeti”, il male di vivere, i dubbi, le speranze nutrite e perdute, il dolore. Una vita accompagnata dall’orgogliosa consapevolezza del proprio talento, dalla paura del “reo destino” che “sovrasta e preme” e dalla speranza del premio ultraterreno.
Un bilancio nel quale ogni debolezza, ogni riconoscimento, ogni esperienza viene recuperata e inserita, come una tessera, a comporre il mosaico di una vita.
È stato detto che la poesia è un percorso verso la santità, la ricer­ca di un io migliore e Pietro La Genga, in questa raccolta che oscilla tra il compiacimento del proprio “valore” e ragione, tra ombre e luci, dubbi e certezze, tenerezza e passionalità, continua la sua riflessione sulla sofferenza, sulla fragilità umana, sul senso della vita e della morte, sul valore del silenzio:

Forza è il silenzio.
Segno di debolezza
senza ragion parlare,
lamentarsi, gridare…
Il silenzio,
prezioso come l’oro,
dona pace e decoro.

Anche qui, come nelle precedenti raccolte poetiche e nei lavori teatrali, è presente la dicotomia tra miseria umana e salvezza, tra uma­nità nuda e bisogno di Dio. Il dissidio, però, appare più sofferto e pen­soso. Più consapevole il bisogno di trascendenza:

Perché alla realtà
restar sempre legato?
Trascendere vorrei
la fiamma dell’invidia
e dell’odio vorace,
i piaceri inutili e rei
che tolgono la pace,
le ambizioni e le glorie
(ombre, fumo e bagliore),
il pensier della morte ed il dolore;
per poi trasumanato,
incielarmi vittorioso
e unirmi gioioso in eterno
all’amore di Dio.

 
Il poeta è alla continua ricerca di un approdo:

Il Signor ci conservi,
sì, la ragion perché, se la perdiamo,
errori senza fine commettiamo.

L’approdo è Dio. La meta è il rispetto della vita, , l’amore, la fedeltà, il recupero dei valori della libertà, della pace, della giustizia. È il rifiuto della violenza, della pena di morte, della presunzione che ha la scienza di valicare i limiti imposti dall’etica, la condanna della bestialità umana che trova sfogo nella gelosia, nell’avarizia, nella lus­suria, nel gioco del massacro. La meta è catarsi.
In ”Sogno apocalittico” che chiude la silloge, la parabola esistenziale si materializza in immagini dantesche che scuotono per la pregnanza espressiva, per la forza dell’endecasillabo. Il male s’incarna in una schiera orribile e molesta/ di demoni cornuti che artigliano vec­chi, anziani, giovani e bambini.
 

Scorron fiumi di sangue colossali,
montagne di cadaveri fetore
emanano e son pasto d’animali.
 
Avvolge il sol profondo tenebrore,
piove ed arriva al ciel l’onda del mare,
lampeggia e il tuon rimbomba con fragore.

 L’orrida visione infernale si stempera e scompare all’apparire della Croce e dell’Angelo Gabriele che dal ciel con mille angeli discende… e con la spada di fuoco che non erra/quelle cattive ed infedeli genti/in un batter di ciglia affronta e atterra … E sulla terra limpida e pulita,/ distrutta Babilonia peccatrice, /ritorna tutto il mondo a nuova vita. Il “Sogno Apocalittico” ribadisce il bisogno di liberarsi dal peso della materialità per ascendere alla visione di Dio.
Con questa raccolta Pietro La Genga conferma il suo ruolo di poeta impegnato, aperto a qualsiasi problematica, dalla vena inesauri­bile e si pone nel solco della migliore tradizione letteraria.

Prof.ssa Licia Cardillo


.BRANO DI RECENSIONE

Cosa dire che io non abbia detto di Pietro La Genga? Compagno di studi al Liceo-Ginnasio “T. Fazello” di Sciacca, Pietro, sin d’allora era un Poeta. Ogni volta che ricevo un nuovo libro di La Genga, colgo l’occasione di parlare di lui con allegrezza, perché egli è di quei pochi poeti che hanno il dono di farsi leggere. È da più di un trentennio che La Genga pubblica e, durante questo periodo, i riconoscimenti della validità della sua poesia non si contano più. Pietro ha amato di pari amore e la candida poesia e le buone lettere, e per questo lo ritengo un fratello, anche se nulla io abbia scritto di poesia. Chi legge oggi Pietro La Genga non può fare a meno di constatare che la sua poesia è mista di grazia e di studio. C’è la candida poesia e c’è filologia. Dice La Genga della poesia: “La poesia è comunicare/a tutti quanti il vero, il buono, il bello;/esser non deve enigma di Sfinge”.

Bastano questi versi a far intendere la poetica di La Genga. Se badiamo ai temi, alle occasioni delle poesie, La Genga canta con appassionata partecipazione i problemi, le vicende, i personaggi del nostro tempo, le stagioni, la vita semplice della fanciullezza, la morte improvvisa di persone care, là bellezza. Il mondo che lo circonda. I temi e i motivi della sua poesia Pietro La Genga li atteggia nel suo verso con una grazia che è moderna e nello stesso tempo riecheggian­te la tradizione letteraria. La poesia di La Genga è quasi tutta volta al presente, agli accadimenti, alle novità. Non c’è pagina in lui che non dia diletto a chi è ben disposto verso la poesia.

Vincenzo Baldassano


BRANO DI RECENSIONE

Uno degli aspetti fondamentali della poetica di Pietro La Genga, oltrechè ad una immancabile compattezza semantica, che sul piano dell’attuazione linguistica, comporta una ricerca formale non indiffe­rente, sta nel raggiungimento di un senso d’integrità morale e di una precisa autoindividuazione nella società moderna, afflitta da mali gra­vissimi, che la conducono alla dissolvenza, dove il buio prevale, mali che il Poeta-Vate addita, ponendo i problemi da una angolazione auto­riale, coscienziale e conoscenziale.

La poesia riguardante la crudele distruzione degli animali, mediante l’uccisione o la cattura, cagione di morte, è un doloroso canto da epopea, ma che ha anche un valore catartico, salutare e propedeudi­co, connotato da intelligenza e sensibilità del dicere, un grido di batta­glia, che mi trova del tutto consenziente, poiché è sottesa l’intenzione dell’autore di portarci verso un mondo più giusto retto solo dall’Armonia Universale.

In esso si scorge la cura di meditare sulle cose del mondo, da parte di una coscienza attenta e vigile per sanarne le ferite con la piuma del pensiero poetico, è presente anche la tensione del Centro quale Voce Universale, schema dinamico della globalità, come espansione di vita, qualità che provano l’autenticità e l’unicità assieme alla difficile collo­cazione in correnti, di questo straordinario poeta.

Lia Bronzi


.BRANO DI RECENSIONE

Nei testi di Pietro La Genga, poeta solitario, non è difficile riscon­trare l’aderenza lineare e immediata al sentimento che appare stempe­rato dalla bonaria accettazione del male di vivere.

La sua vocazione genuina omologa una sorta di candore, di inno­cenza espressiva, che. evita perifrasi, immersa com’è nell’intento di recuperare gli eterni ideali, compreso l’amore per il mondo paesaggi­stico e l’autentica fede cristiana.

Silvano Demarchi


BRANO DI RECENSIONE

Ho letto i libri di versi del poeta Pietro La Genga e vi ho trovato quello spirito profondo di umanità, quei suoi alti ideali di poesia, che ho molto apprezzato. Fedele al suo messaggio, a quello che chiamo il suo umanesimo lirico, le sue poesie si illuminano nel contenuto di esemplari sentimenti di religiosità.

Come sempre, egli riesce ad esprimere il suo mondo interiore con un linguaggio poetico moderno ma rispettoso anche delle necessità di dare forma e musicalità al pensiero e al sentimento.

Salvatore Di Marco


BRANO DI RECENSIONE

Poesia impegnata quella di Pietro La Genga. Il che è garanzia della sua stessa autenticità. Un poeta che viva fuori dalle vicende umane è, a mio giudizio, soltanto un’astrazione. Un vero poeta è sem­pre un uomo che vive nel proprio tempo e nella propria realtà storica e che quindi esprime i problemi, i sentimenti, i fermenti del proprio tempo, anche se li esprime nel modo del tutto personale, ossia in modo irripetibile e originale: la sua parola può essere veramente intesa per­ché è in qualche modo attesa. Poesia, dunque, impegnata, ma alimen­tata da quel quid di misterioso e di straordinario che si chiama ispira­zione. L’ispirazione è ciò che veramente anima tutte le raccolte di poe­sia del nostro affermato e riconosciuto poeta.

Epifania Giambalvo


BRANO DI RECENSIONE

Il poeta Pietro La Genga mi richiama alla mente quegli alberi, grandi e frondosi sempreverdi, che, talvolta, anche da soli fanno bosco. Ho avuto modo di seguire la “formazione” di questo poeta, padrone della parola e del verso: indole mite dal cuore di fanciullo in carattere forte, come acciaio temprato da complesse vicende esistenziali che fanno l’uomo.

Pietro La Genga è poeta; ha bisogno di esprimere, pensieri e sentimenti, nel canto lirico della poesia: vuoi con le parole della “lingua madre”, che le parole apprese dall’ambiente popolare, il dialetto: vuoi con le parole approfondite nello studio personale alla scuola dei grandi letterati. E sempre riesce ad esprimersi compiutamente per fascino poetico e per profondo pensiero.

Angelo La Vecchia


BRANO DI RECENSIONE

È entusiasmante, dopo aver letto centinaia e centinaia di volumi di poeti, scoprire un vero poeta come Pietro La Genga. La poesia di La Genga ha un qualcosa, pur nella sua semplicità e nella sua impronta classicistica, di dignitosamente grande e di intrinsecamente austero. È la poesia di un uomo le cui concezioni ideali e spirituali sono in per­fetta armonia con quelle dei maggiori poeti della nostra gloriosa tradi­zione.

Leggete le sue poesie e vi troverete dentro lo sdegno severo di Dante, la malinconia leggiadra del Petrarca, la passionalità focosa del Foscolo, la languidità sognante del Sannazaro e l’enfasi celebrativa del Carducci. La poesia di La Genga, come quella di pochi altri poeti ita­liani contemporanei, sembra riassumere in sé quasi dieci secoli di poe­sia italiana. Con una poesia grondante di saggezza, di passionalità, di spontaneità e di freschezza di ispirazione, egli canta sia gli avveni­menti che sconvolgono il nostro pianeta, sia i moti d’affetto che ine­briano la sua anima.

Ma Pietro La Genga è anche un vate.

I profondi messaggi delle sue liriche civiche e patriottiche sono chiari: l’Italia è una e indivisibile, tutti gl’Italiani sono fratelli. Non a caso il La Genga celebra con vero amor di patria e senza distinzioni di sorta, città e regioni del Nord e del Sud, cercando di diffondere quel senso di unità nazionale che ormai sembra mancare a troppi italiani. L’Italia è bella tutta e non la si deve frantumare per egoistici rigurgiti di campanilismo.

Fabrizio Legger


BRANO DI RECENSIONE

Un giovane greco, ai tempi del secolo d’oro di Pericle, incendiò in Partenone, svettante al cielo sull’acropoli di Atene, perché il suo nome rimanesse nella storia, mentre i loschi piromani di oggi restano negli annali della Giustizia. Operano per odio, vendette, interessi e ingiustificate finalità.

Pietro La Genga, poeta assurto a notorietà nazionale per le sue opere, intese a mettere a nudo i mali della società attuale, bolla col suo pensiero, steso in versi endecasillabi, il fenomeno degli incendi e lancia il suo anatema contro gl’iconoclasti della verde natura, che Virgilio aveva elevato a simbolo di bellezza nelle sue immortali Bucoliche Pietro La Genga che vive in Sicilia ricostruisce col suo verso, bollando a morte, lo spregevole gesto dei piromani senz’anima.

Guido Massarelli


BRANO DI RECENSIONE

Ogni raccolta poetica di Pietro La Genga è una vera miniera liri­ca, che affonda le sue radici in quel mondo idilliaco della tradizione italiana, che è classico e romantico, fantastico e reale, semplice e con­cettuoso. Invano cercheresti di cogliere una spiccata predilezione per questa o quella corrente poetica, così come non è possibile coglierla in Omero o in Dante. Per la verità il “Genio”, quando è tale, rifugge dagli “ismi”, in quanto la sua opera possiede il tutto ed il tutto abbraccia, nel mistero della creazione.

Il mondo poetico di Pietro La Genga è come la tavolozza di un provetto pittore, dove luci e ombra, calore e colori, natura viva e morta, oro di sole e argento di luna si fondono, per l’ani­mo puro, la maturata sensibiltà, la serena meditazione, la spontanea ispirazione, il pensiero penetrante, che è ricchezza connaturata del Poeta stesso.

Caratteristica è ancora la sua vena inesauribile, in quan­to essa si allarga in tematiche senza limiti, come l’emarginazione delle classi sociali povere, l’anelito verso la pace, la lotta contro ogni forma di violenza, i sentimenti di umana fratellanza, di bontà, di amore cosmico e soprattutto la fede in Dio, creatore del tutto e fonte di spe­ranza per la vittoria dello spirito sulla materia.

Gino Parente


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A GIOVANNI

Caro Giovanni, quanto mi addolora
nel venire a saper che ti lamenti,
dalle frecce d’Amor trafitto ognora.
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Tu sai che Amore è un dio senza pietà,
un gran tiranno che reca tormenti
a chi sotto l’imperio suo si sta.
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Se tu trovi contrasti e impedimenti
per liberarti c’è soltanto un modo:
dònagli un colpo ben diretto e sodo,
e riacquisti la serenità.

TORNA SU

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A LEO VERDE VALOROSO COMPUTISTA

O gentil giovinotto, tu, che stai
a lavorare con quel gran congegno,
a lavorar veramente d’impegno
e giorno e notte non ti stanchi mai,
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quanto diverso sei da tanti e tanti
giovani che non vogliono far niente
e che a drogarsi stan continuamente
finchè non vengon dalla droga infranti!

TORNA SU

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A UNA COMMISSIONE GIUDICATRICE

O illustri miei colleghi,
mi dispiace tanto
di non potere accogliere l’invito
a gareggiare d’Apollo nell’arte.
Non dico per vantarmi
ma, qual poeta, sono conosciuto
d’Italia e di Sicilia in ogni parte.
All’età mia sarìa follia concorrere.
Se accetterò, gran rischio potrò correre.
Terzo o secondo per me è scacco matto:
perderò “Quercia d’Oro” e quel che ho fatto!
Nel campo della bella poesia
Anch’io son stato membro di giuria.
Anch’io ho avuto premi regionali
e nazionali ed internazionali.
Oggi mi trovo (e m’arride la gloria)
della Letteratura nella Storia.
Se voi stimate tanto il mio talento
mi conferite un riconoscimento.

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Stanno aspettando il vostro invito Tizio,
Caio e Sempronio impazienti, e tanti
scrittori e artisti… E vàdano al supplizio!

TORNA SU

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AD ALCUNI RAGAZZACCI

Quattro campane sonano a martello.
O incoscienti e cattivi! Perché ridete ?
Non lo vedete
che sta passando il morto?
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O ragazzacci dalle menti insane
che deridete la moglie che piange,
non lo sapete
che presto o tardi
anche per voi soneran le campane?

TORNA SU

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AD UN GIOVANE CHE GIOCA CON LA VITA DEGLI ALTRI

Dato che il criminologo
non ti ritiene affatto un delinquente,
dai cavalcavia,
assieme ai tuoi compagni,
sui treni e sulle macchine
tu puoi continuar liberamente
a tirar sassi e ad ammazzar la gente!

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AI BRACCONIERI

I
Vòlino i versi miei ammonitori
ed arrivino a voi, bracconieri,
degli animali gran distruggitori.
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A voi che siete li nemici fieri
della Natura, a voi che recate
a tutti noi tristissimi pensieri.
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A voi che dure pene meritate
perché, uccidendo ognor tanti animali,
squilibrio alla Natura cagionate.
.
Trattato ho già d’incendi ai vegetali,
ed or tratto dei danni a creature
con quattro zampe e a quelle con due ali.
.
Creature di Dio splendide e pure!
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II
Ditemi, cacciatori senza legge,
non vi trema la man quando uccidete?
la vostra mente come mai vi regge?
.
Che avete il cuor di pietra? Non avete
giammai pietà davanti ad un uccello
che fa col canto le campagne liete?
.
davanti ad una rondine, a un fringuello,
a un usignolo? davanti ad un gatto
raro, a una volpe, a un can selvaggio e bello?
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Perché sparate all’aquila? Che ha fatto?
Quant’è dolce vederla remeggiare,
tutta furente abbassarsi di scatto,
.
poi lentamente innalzarsi e ruotare.
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III
Anche per altre cause sui terreni
si trovano feriti tanti e tanti
belli animali, e ciò avvien senza freni.
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Grazie al Ciel che vi sono militanti
ed amatori che apprestano a loro
soccorsi e cure assai riabilitanti.
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Essi vengon chiamati “Il cuore d’oro”
che della preziosissima Natura
proteggono e conservano il tesoro.
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Abbiam la LIPU, qual centro di cura,
che accoglie i danneggiati dai perversi,
che accoglie i contributi. Io, con rancura,
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altro non posso offrir che questi versi! (1)

(1) Tanto per dire! È da tempo che, a spese mie, nutro cani e gatti randagi.

TORNA SU

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ALLO SCIENZIATO

Io ti son grato, illustre scienziato,
di quanto bene al mondo suoli fare.
Tu meriti di essere elevato,
come un santo, all’onore dell’altare.
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Però dei libri miei su alcuni fogli
io non ti lodo affatto, io non ti mitrio
se tu all’uom, con le scoperte,
togli il divin dono del libero arbitrio.

TORNA SU

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ANELITO VERSO LA TRASCENDENZA

Perché alla realtà
restar sempre legato?
Trascendere vorrei
la fiamma dell’invidia
e dell’odio vorace,
i piaceri inutili e rei
che tolgono la pace,
le ambizioni e le glorie
(ombre, fumo e bagliore),
il pensier della morte ed il dolore;
per poi, trasumanato,
incielarmi vittorioso
e unirmi gioioso in eterno
all’amore di Dio

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E SCRIVO SEMPRE

Quanta invidia nel campo delle Lettere
e dell’Arte eccellente!
Quante offese ricevo insopportabili
da chi sa poco o niente!
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Io quella turba di “pueti fàusi” (1)
non degno di un saluto;
e scrivo sempre glorioso
e splendido con le Muse seduto

(1) I pseudo-poeti: i poeti non semplici, non sinceri che sono spersi in tutto il mondo.

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È VENUTO A TRAVOLGERMI L’AUTUNNO

È venuto a travolgermi l’autunno:
mi ha portato la noia e la tristezza!
É arrivato l’amaro e brutto tempo
della mia inarrestabile vecchiezza!
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Stanche le membra ho già, rari i capelli;
davanti agli occhi miei puntini neri
passano e mosche ed ombre così come
nella mia mente torme di pensieri.
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Una sola speranza mi rimane:
in terra mi lasciò la primavera,
ma in ciel, tra i canti eterni e lo splendore,
ne avrò un’altra ancor più bella e vera.

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LA MIA VENA

Mi è passato il tormento e la paura
di perder là mia vena.
Fino a quando
reggerà la mia mente e la mia mano,
fino a quando
non cesserà di battere il mio cuore
seccare non potrà la vena mia.
Quella vena poetica
che prodiga natura
mi ha voluto donar ricca e possente,
mi ha voluto donar soave e pura.

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EDITORI

Nel pubblicare i libri
mi son sempre rivolto
a editori modesti ed importanti;
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e mi rallegro chè non ho mirato
a superbi editori,
che altro non sono che dei commercianti.

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FESTA DELLA DONNA

Si porgano mimose a piene mani,
mimose alla più bella creatura
che il Signore con l’uom volle accoppiare
per far l’umanità continuare.
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Del focolare l’angelo è, chiamata;
con la sua voce e con il suo sorriso
porta sollievo e gioia illimitata.
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La donna è veramente tutta amore,
amore che provien dal Paradiso;
risplende in lei la luce del Signore.
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Ma se la donna segue vie non vere
e il suo corpo precipita nel fango
altro che tenebror non puoi vedere!
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Fa bello il volto solo un’anima bella.
Lo conferma Maria la Benedetta
fra le donne, Maria Vergine e Madre,
Maria Sposa e Vedova, Maria
ch’è la Stella più fulgida e perfetta.

8 marzo

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IL RESTO DELLA VERA POESIA

“Il resto della vera poesia”
eccolo a te, amabile lettore,
di quella poesia tutta armonia
che vive eterna e che rallegra il cuore;
a differenza dell’altra poesia falsa,
che dà tormento e presto muore.

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AI CRITICI D’OGGI

Se astruse scempiaggini volete
gli elaborati miei non li leggete.
Ma se l’esaminate
e li gettate poi dentro le ceste…
mi dispiace dirvi
che son senza cervel le vostre teste!

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GATTINA ABBANDONATA

Parea da lunge un gocciolio sonoro
D’acqua che cade dentro una fontana
il miagolio d’una gattina d’oro.
Giaceva abbandonata nella via.
Volea la mamma sua ch’era lontana,
la mamma sua che giammai non venia.
Uno la vide. Passò indifferente.
Io la raccolsi immediatamente.
Con molta attenzione la curai.
A bere ed a mangiare le insegnai.
Adesso è diventata una bellezza
e salta e gioca ad ogni mia carezza…
Voglian così gli sposi desolati
accogliere i bambini abbandonati.

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GIANBECCHINA

Gianbecchina è un pittore geniale
che nei suoi quadri infonde anima e cuore,
un artista sincero e originale.
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Egli è un vero maestro del colore.
Della Sicilia Egli ha dipinto tutto:
l’uomo, la roccia, l’animale, il fiore,
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il cielo e il mare. L’odio che ha distrutto
ha ritratto, la gioia ed il sorriso,
l’eternale dolore, il pianto e il lutto,
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e l’amor che fa in terra un paradiso.

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GLI ANIMALI NON SI TOCCANO

Oh! non sol chi l’uccide reca danno
alla Natura, ma tutti i dementi
ed incoscienti, che pietà non hanno,
strappando gli animal dai loro ambienti.
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Così, a lungo, noi vediam soffrire
rettili, pesci, mammiferi, uccelli,
dai diversi color splendidi e belli,
e disperatamente poi morire!

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IL DUBBIO

Il «si e no» un giorno mi prostrò.
Oh! voglia Iddio che mai più non mi assalga
il dubbio, vero tarlo roditore
della mente e del cuore.

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IL MIO MORALE

Il mio morale
è come l’onda del mare:
ora s’innalza
e ora si abbassa,
ora si agita
e ora si calma,
ora s’intorbida
e or si depura,
ora s’illumina
ora si oscura.

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IL RICONOSCIMENTO PERDUTO

A me molti anni fa, durante un Premio,
un riconoscimento fu assegnato
dalla città di Prato.
Perché non ho potuto
dar della mia presenza il contributo,
ond’io sempre mi accoro,
non ho avuto il Leone d’Oro!

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IL TROPPO SIMBOLISMO

Il troppo cibo ingombra l’intestino,
fa pure male il troppo bere vino.
Così usando il troppo simbolismo
viene a crearsi un confusionismo
tal, che l’artista può comunicare
di rado e scarsa poesia può dare.

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INCENDI

Scoppiano a luglio quasi ogni anno incendi
con immenso fragor: Campi di grano
e di ortaggi ed alberi da frutto
e animali indifesi e intrappolati
vengono divorati dalle fiamme
e trasformati in cenere. Che pena
che prova l’uom che vede andare in fumo
le sue grandi fatiche e le speranze!
Chi compie sì terribile reato?
Un piromane, certo, un forsennato!
Il qual, malvagio e di pietà sì privo,
meriterebbe d’essere arso vivo!

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IO E LA NATURA

È tornata a sorrider la natura
dentro il mio cuor. Nel verdeggiar dei campi
rivelo la speranza di futura vita miglior.
Nel biancheggiar dei fiori
i miei pensieri limpidi e sereni.
Nel rosseggiare dell’ardente sole
la mia forza di uomo e di poeta
che vince, e ottiene tutto quel che vuole.

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